I DEPORTATI DI Bernareggio, Carnate e Ronco Briantino



Per raccontare le vicende che hanno interessato i nostri Comuni occorre inquadrare i fatti e le persone coinvolte nel contesto più ampio del territorio brianzolo, che vide la presenza di forze repressive nazifasciste protagoniste della deportazione dalla Brianza ai campi di concentramento e sterminio del Terzo Reich.

I fatti di seguito raccontati sono tratti dal volume "Dalla Brianza ai lager del Terzo Reich. La deportazione verso la Germania nazista di partigiani, oppositori politici, operai, ebrei. Il caso dei lavoratori coatti" di Pietro Arienti, al quale si rimanda per ulteriori approfondimenti e che ringraziamo per averci concesso l’utilizzo di alcune sue parti, compresa la seguente premessa:” La principale ragione di questa ricerca è quella di divulgare, certificandola in modo inoppugnabile, la conoscenza del terribile impatto che ebbe il fenomeno della deportazione civile sul territorio brianzolo. E’ inoltre auspicabile che l’apprendimento delle vicissitudini di prigionia riportate in questa pubblicazione, spingano coloro che attualmente abitano questo lembo di Lombardia ad approfondire ed ampliare la propria cultura sulla deportazione operata dal nazifascismo e a rendersi conto di cosa significasse esattamente essere rinchiusi a Mauthausen, a Dachau o ad Auschwitz, luoghi nei quali così tanti esseri umani subirono sofferenze inaudite che a fatica si comprende come possano essere state inflitte da altri loro simili...”.

Le forze repressive e d’occupazione nazifasciste

I tedeschi in Brianza

Polizia e SS contro ogni opposizione (pag. 20)

In Brianza due erano le unità che facevano capo alle strutture superiori della polizia e delle SS.
La prima era lo strumento fondamentale per l’attività di arresto e deportazione in Brianza, la Compagnia di sicurezza di Monza, Sicherunskompanie-SS, con sede presso la ex-Casa del Balilla in via Tommaso Grossi, a pochi passi dall’entrata della Villa Reale, comandata dal maresciallo Sigfried Werning, SS-Scharführer.
L’altro comando SS presente in Brianza lo troviamo ancora a Monza, con sede a Villa Fossati in via Verdi ad angolo con viale Regina Margherita, ed è un vero e proprio reparto deputato a compiti espressamente militari contro formazioni ribelli organizzate, comandato nientemeno che da un generale, Willy Tensfeld, che disponeva di una numerosa truppa, circa trecento uomini, quattro carri armati, due autoblindo e una cinquantina di mezzi di trasporto fra autocarri, auto e motociclette.
Un altro reparto operativo delle SS comparve a Merate il 21 marzo del 1945. Si trattava di una consistente unità composta da soldati turchi, tartari e azerbaigiani denominato esattamente “unione d’armi SS della Turchia dell’est” e comandato dal colonnello Harun el Rashid Bey, un tedesco convertito all’Islam che prima si chiamava Willhelm Hintersatz. La numerosa truppa, proveniente dalla Slovacchia, venne alloggiata presso il Collegio delle Dame inglesi in quella che oggi è via monsignor Colombo. Non si ha notizia di loro azioni nella zona del meratese ma è nota soprattutto la lunga trattativa che portò alla loro resa il 29 aprile 1945 direttamente agli americani.

La Wehrmacht e il presidio del territorio (pag. 26)

Brianza milanese

Comandi locali, ORSTKOMMANDANTUR
Arcore, sede Villa Ravizza e Villa Borromeo d’Adda. Comuni dipendenti: Arcore, Bernareggio, Lesmo, Camparada. Particolarità: composto da circa 15 soldati della Wehrmacht addetti alla riparazione degli automezzi presso le officine Gilera e Bestetti.
Presidi, DIENSTELLE
Carnate, sede Viila Banfi, distaccamento 564 con 40 soldati. Data di arrivo settembre 1944.

Le formazioni della Rsi sul territorio

Le Forze Armate della Rsi (pag. 40, 41)

Nell’ambito del distretto militare della Brianza milanese delle Forze Armate della Rsi, nel comune di Bernareggio avevano sede gli uffici del Sottosegretariato di Stato per l’Esercito, la Direzione generale dei servizi amministrativi e Affari generali; “Divisione Intendenza” presso casa Vezzani, Villa Robbiati e il Municipio. Comandante: tenente colonnello F. Robertiello
E’ impressionante il numero di ufficiali che componevano l’organico di queste strutture amministrative che per molti costituivano soprattutto un mezzo per portare a casa uno stipendio e per non essere impiegati in operazioni militari. Si pensi che l’ufficio citato di Bernareggio contava ben undici ufficiali e sei sottufficiali tutti alloggiati nella piccola cittadina brianzola, mentre all’ufficio di Usmate Velate lavoravano dieci tra marescialli e sergenti e nove ufficiali.
I distretti furono l’anima operativa delle operazioni di leva e contribuirono a muovere e stimolare la ricerca dei tantissimi renitenti, aderendo alle direttive del Ministero della Guerra e mettendo in pratica le ritorsioni previste per la mancata risposta alla chiamata.

I deportati politici

I partigiani combattenti

Il trasporto da Milano del 16 agosto 1944 (pag. 97)

Lauro Vezzani - Nato il primo aprile 1912 a Correggio, in provincia di Reggio Emilia e residente a Bernareggio. Nel 1931 si spostò con due fratelli dal paese natale a Bernareggio, dove i tre aprirono un negozio di salumeria nel quale vendevano anche il buon lambrusco prodotte nelle loro terre emiliane; negli anni successivi si aggiunsero all’attività altri due fratelli. Lauro decise però anche di continuare gli studi, iscrivendosi all’università e laureandosi nel 1939 in scienze politiche all’Università Cattolica di Milano. Fu arrestato il 2 agosto 1944 mentre si trovava per affari a Milano. Alcuni cittadini di Bernareggio che vissero quell’epoca, testimoniano che le cause del suo fermo non erano legate ad una sua appartenenza alla Resistenza, alla quale sembrava estraneo, ma avvenne per questioni interne legate ai detentori del potere di allora. Una recente ricerca di Angelo Piazza avrebbe addirittura dimostrato che il Vezzani intratteneva rapporti non occasionali con l’Ovra (polizia segreta dell’Italia fascista) di Milano e che allo stesso tempo trafficava in falsi documenti d’identità richiesti da cittadini di religione ebraica per sottrarsi alle persecuzioni fasciste. Scoperto durante questo traffico illegale, fu arrestato e avviato ai campi di concentramento.
Lauro Vezzani, matricola 21802, morì a Flossenbürg il 29 dicembre 1944.

Oppositori politici

Deportati per un’idea diversa (pag. 149)

Attilio Galbiati – Nato il 6 giugno 1913 a Bernareggio dove risiedeva in via Vittorio Emanuele II, 2. Svolgeva il lavoro di manovale; non era sposato. Le notizie fondamentali sulla sua vicenda prima della deportazione sono riportate sul registro d’iscrizione dei detenuti del carcere di San Vittore, dove è indicata nel 4 marzo 1944 la data di arresto, seppur senza la specificazione del reato, e pure la sua statura: 1,71. Vi è poi segnalata la data del rilascio, il 9 marzo 1944, che in verità certifica il passaggio al “braccio” tedesco. Galbiati fece parte del trasporto che lasciò Milano il 6 aprile 1944 per giungere a Mauthausen il giorno 8 dello stesso mese. La sua matricola fu il numero 61648, la classificazione schutz. Dopo la quarantena e un breve periodo nel campo centrale, il dissidente brianzolo fu trasferito a Gusen, dove resistette fino al 25 ottobre 1944, giorno della sua morte.

Le deportazioni degli operai dopo lo sciopero del marzo 1944 (pag.159)

Lo sciopero generale promosso all'inizio di marzo del 1944 che bloccò per quasi una settimana l'attività delle grandi industrie del nord-Italia, è conosciuto come la più grande protesta pacifica inscenata in un territorio occupato dai nazisti. L'organizzatore e l'animatore della rivolta è il Partito Comunista e il suo strumento sono i “Comitati d'agitazione”, il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) prende atto e approva il progetto di sommossa e si pone formalmente alla testa degli operai. Lo scopo non è più solo economico o tendente ad ottenere migliori condizioni di vita, ma evidentemente politico, con l'intento di dimostrare l'esistenza di un’opposizione al regime e scuotere le coscienze degli indecisi. Il primo marzo 1944 le grandi fabbriche delle città industriali del Nord si fermano; in Lombardia, Milano e soprattutto Sesto S. Giovanni sono gli elementi trainanti, la Breda, la Falck, la Magneti Marelli solo il centro motore dello sciopero e fungono da riferimento per le fabbriche brianzole.
A Monza si blocca il lavoro alla Hensemberger, alla Sertum, alla Philips mentre alla Singer i tedeschi intervengono con le armi, facendo rientrare i lavoratori con la minaccia di fucilare alcuni ostaggi. Sono segnalati scioperi anche alla Bianchi di Desio, alla Isotta Fraschini di Meda e all’Acna di Cesano Maderno. Nel comasco i fascisti sono costretti ad intervenire a Cantù dove La Filotecnica Salmoiraghi, azienda milanese sfollata, e la Vergani erano in subbuglio, così come le Imprese Seriche Italiane di Mariano Comense e le ferriere di Figino Serenza. Anche a Lecco entrano in sciopero le grandi fabbriche metallurgiche. Nei primi giorni si raggiunge il punto più alto delle adesioni poi, complice la dura reazione tedesca ed altri fatti contingenti, lo sciopero perde di rigore e all'incirca l’8 marzo le fabbriche riprendono il loro ritmo lavorativo.
Lasciando alle numerose pubblicazioni che se ne sono occupate, l'approfondimento sui vari aspetti che hanno caratterizzato questa manifestazione, ci concentriamo sulla caccia che la polizia nazista e quella fascista scatenarono per individuare e catturare quelli che ritenevano i promotori della situazione. E’ da questa operazione repressiva che si origina una delle fasi della deportazione politica più intense e drammatiche. Hitler, addirittura, già il 5 marzo 1944 ordinò la deportazione del 20 per cento degli scioperanti; il plenipotenziario per l'Italia Rudolf Rhan, preoccupato per i riflessi negativi che tale provvedimento poteva avere sulla produzione e sulla situazione sociale, riuscì ad ottenere la trasformazione di questo drastico diktat in una strategia di arresti programmati e mirati che comunque il führer volle fosse estesa “a tutti coloro sui quali pesasse anche il minimo sospetto di aver avuto un'influenza determinante sugli scioperi”. Gestapo e milizie fasciste si attivarono così per individuare gli agitatori, selezionando chi aveva precedenti politici o era iscritto al Casellario politico centrale, identificando chi avava già partecipato a scioperi precedenti o che per “attività sovversiva” aveva già passato qualche giorno in carcere, le delazioni erano ben accette.
I dirigenti delle grandi fabbriche e i capi reparto furono obbligati, spesso sotto la minaccia delle armi, a stilare degli elenchi di lavoratori da deportare in Germania, basandosi su un vero o presunto antifascismo di base. Alcuni operai che avevano avuto un ruolo nell'organizzazione dello sciopero ritornarono in fabbrica, sia perché non potevano farne a meno, dovendo sostenere una famiglia, sia perché pensavano che fosse più facile evitare la cattura, sfruttando la copertura dei compagni e vie di fuga ristabilite, ma alcuni furono catturati proprio qui, attesisi dai militi della Muti o dalle SS. Gran parte dei segnalati verrà invece prelevata direttamente a casa, quasi sempre nelle ore notturne; capienti autobus dell’ATM, al seguito delle auto degli agenti, si riempiranno di operai da scaricare a San Vittore, prima della deportazione, decisa a priori, senza la necessità di alcun processo.
I lavoratori brianzoli coinvolti in queste retate erano soprattutto dipendenti della Breda e della Falck, che raggiungevano quotidianamente dalla Brianza spesso in bicicletta, e in parte minore di industrie milanesi, monzesi e lecchesi. Furono presi per la maggior parte nei luoghi dove risiedevano, spesso in operazioni condotte dalle forze nazi-fasciste locali. Il loro numero è molto alto, furono infatti ben 61 gli scioperanti brianzoli presi in concomitanza o successivamente alla conclusione dello sciopero del marzo 1944. La Falck con 29 arrestati e la Breda con 20, la fanno da padrone in questa statistica della deportazione. Molto elevata sarà anche la conta dei deceduti nei campi di sterminio: cadranno 48 operai, il 78% del totale.

I deportati brianzoli della Innocenti (pag. 164)

Nel 1933 venne fondata a Milano dal toscano Ferdinando Innocenti l’azienda meccanica che portava il suo nome e che prendeva sede nel vecchio quartiere di Lambrate. Il suo sviluppo fu rapido per merito soprattutto del brevetto del tubo Innocenti, ossia lo snodo per impalcature ancora oggi in uso. Come altre industrie metallurgiche a causa della guerra si convertì nella produzione bellica, la Innocenti produceva soprattutto proiettili per la marina, l’artiglieria e bombe per aerei. Anche le maestranze della grande industria milanese il primo marzo 1944 smisero di lavorare, prendendo come pretesto il mancato pagamento del saldo dello stipendio del mese precedente. Lo sciopero riuscì ma i tedeschi aspettarono che le acque si calmassero per intervenire. Il mattino del 10 marzo 1944 le SS fecero irruzione nello stabilimento, sparando e tenendo sotto controllo tutta l’area.

Quando alle cinque del pomeriggio gli operai tentarono di uscire, i cancelli furono sbarrati e l’ordine fu di radunarsi nel grande cortile. Chiamarono dei nomi ai quali intimarono di recarsi in direzione, ma nessuno rispose. Alla fine qualcuno, convinto che non ci fosse niente da temere, si fece avanti e dopo qualche minuto tutti i nominati salirono agli uffici. Vennero arrestati tutti, erano quattordici operai, fra i quali due brianzoli.

Agostino Corno – Nato il 23 agosto 1896 a Bernareggio, dove risiedeva in via S. Bartolomeo, 16. Era operaio fonditore. Come il resto del gruppo catturato alla Innocenti, venne subito portato a San Vittore dove rimase cinque giorni. In seguito fu trasferito al carcere S. Agata di Bergamo nel quale, per l’eccessivo affollamento, non fu possibile entrare per cui si ripiegò sulla caserma Umberto I, dov’era stato di stanza il 68° reggimento di fanteria “Lupi di Toscana”, in Borgo S. caterina, che divenne il luogo di accentramento di tutti gli scioperanti arrestati in quei giorni anche nelle altre regioni del nord-ovest. Il 17 marzo 1944 fu deportato a Mauthausen dove giunse il 20, classificato schutz e matricola 58820.
Fu presto trasferito a Gusen, dove morì il 23 dicembre 1944.

Polizia a Monza, Gnr (Guardia Nazionale Repubblicana) nel circondario:

la repressione di fine mese marzo 1944

Gli arresti operati del presidio della Gnr di Bernareggio (pag. 184)

Il presidio della Gnr di Bernareggio, “ Arma di Bernareggio” come trascritto nel registro di S. Vittore, fu il primo ad attivarsi nella caccia all’operaio di questo fine marzo 1944 e quello che eseguì più arresti. Le persone fermate erano residenti nei piccoli paesi dei dintorni, in prossimità di Vimercate, come la stessa Bernareggio, Bellusco e Ornago. Per tutti l’ingresso a S. Vittore fu il giorno 28 marzo 1944 a causa di “Motivazioni di pubblica sicurezza” mentre il 31 marzo furono consegnati al “raggio” tedesco del carcere. Dei quattro uomini, catturati tutti di notte, due seguirono l’itinerario di deportazione dei monzesi presi il giorno precedente e due furono aggregati ad un altro convogli, partito due giorni più tardi.

Gennaro Motta – Nato il 22 gennaio 1909 a Bernareggio e qui domiciliato in via Diaz, 3. Era coniugato con Pierina Besana ed era muratore alla Falck Vittoria. Venne arrestato il 27 marzo 1944 dai militi del presidio del suo paese e deportato a Mauthausen (matricola 63777) con il convoglio partito l’8 aprile da Novi Ligure, fermatosi il 13 a Bergamo e approdato il 16 nel campo di sterminio. Gennaro Motta morì il 3 maggio 1945 a Mauthausen, proprio due giorni prima dell’arrivo degli americani.

Il caso dei lavoratori coatti

I brianzoli inviati in Germania

Dal settembre 1943 all’agosto 1944 (pag. 320-392)

Garghentini Italo – nato il 22 ottobre 1915 a Bernareggio, residente in via Vittorio Emanuele II. Operaio. Partenza: 30 novembre 1943.

Bianchi Lazzaro – nato il 19 luglio 1915 a Bernareggio, residente in via 28 Ottobre, 13. Celibe. Fresatore. Partenza: 9 dicembre 1943.

Colombo Giordano – nato il 9 ottobre 1914 a Bernareggio, residente in via Mazzini, 1. Celibe. Fresatore. Partenza: 9 dicembre 1943. Destinazione: Steyerwerke.

La precettazione (pag. 332)

Villa Giulio – nato il 4 giugno 1923 a Bernareggio, residente in via Garibaldi, 6. Celibe. Partenza: primo febbraio 1944.

Besana Vittorino – nato il 12 agosto 1925 a Bernareggio, residente in via Verdi, 2. Celibe. Lattoniere. Partenza: 14 marzo 1944 (Sesto S. Giovanni). Destinazione: Magdeburg Aa Dessau. Fabbrica: Junkers Flugzeug und Motorenbau Werke (industria bellica).

Cantù Emilio – nato il 6 settembre 1912 a Bernareggio, residente in via Cavour, 3. Coniugato con Gardinetti Vittoria. Partenza: 9 maggio 1944 “Todt”.

Bestetti Mario – nato il 15 maggio 1914 a Lesmo,residente a Carnate in via Pace, 12. Coniugato con Cantù Laura. Operaio. Partenza: 19 maggio 1944. Destinazione: Pommern AA Stettin fa. Pommersche Motorenwerke Altdamm. “Richiamato”.

Brambilla Luigi – nato il 3 maggio 1924 a Bernareggio, residente in via Vittorio Emanuele II, 2. Celibe. Lavoratore non qualificato. Partenza: 23 giugno 1944. Destinazione: Kattowitz (attuale Katovice, nella Polonia meridionale a soli quaranta chilometri da Auschwitz) .

Stucchi Enrico – nato il 22 novembre 1925 a Bernareggio, residente in via Vittorio Emanuele II, 2. Celibe. Lavoratore non qualificato. Partenza: 23 giugno 1944. Destinazione: Kattowitz.
Questa la testimonianza di Stucchi Enrico:
“Innanzitutto devo dire che il viaggio a Kattowitz fu tormentato perché nei pressi di Dresda il treno venne bombardato e ci furono dei morti. A Kattowitz fummo sistemati in alcune baracche nei dintorni della città, dormivamo su letti a castello a tre. Eravamo manodopera per tutti gli usi, ogni giorno a seconda delle necessità ci venivano affidati lavori diversi. Mangiare molto poco. Ci liberarono i russi, con i quali rimasi tre mesi facendo qualche lavoretto, soprattutto in cucina. Alla fine della guerra fummo presi in carico dalla Croce Rossa e dopo circa un mese ci rimpatriarono in treno. Tornai a casa il 15 settembre 1945”.
Vertemati Giuseppe – nato il 6 luglio 1922 a Bernareggio, residente in via Vittorio Emanuele II, 15. Celibe. Meccanico. Partenza: 4 luglio 1944. Destinazione: GAA Dusseldorf AA Opladen auf. J.G. Leverkusen.

Sala Mario – nato il 9 agosto 1922 a Carnate, residente in via Pace, 14. Celibe. Tipografo. Partenza: 21 luglio 1944.

Galbiati Francesco – nato il 22 agosto 1911 a Bernareggio, residente in via Vittorio Emanuele II, 2. Coniugato con Varisco Adele. Falegname. Partenza: 17 agosto 1944(Sesto S. Giovanni). Destinazione: Thuringen AA Weimar.

Galbusera Vincenzo – nato il 29 maggio 1910 a Bernareggio, residente in via Ponti, 1. Coniugato con Besani Jole. Falegname. Partenza: 17 agosto 1944. Destinazione: Thuringen AA Weimar.

Varisco Maria – nata il 27 gennaio 1925 a Bernareggio, residente in via Vittorio Emanuele II, 2. Nubile. Operaia. Partenza: 30 agosto 1944. Destinazione: Franken Nuernberg. Nuernberg Siemens Reiniger Werke. Erlangen. La scheda reca la scritta “Volontaria”.

Viscardi Giuseppe – nato il 1° gennaio 1906 a Bernareggio, residente a Ronco Briantino in via S. Antonio, 5. Coniugato con Arnoldi Livia. Muratore. Partenza: 30 agosto 1944. Destinazione: Magdeburg AA Dessau fa. Junkers Flugzeug und Motorenbau Werke M262.

Gli operai brianzoli della Pirelli catturati nella retata del 23 novembre 1944 (pag. 446)

La differenza fra la vicenda dei deportati della Pirelli del novembre del ‘44 e quella degli operai presi a causa dello sciopero del marzo precedente, risiede tutta nella diversa destinazione in Germania. I primi furono gestiti dal Gba (Direzione generale per l'ingaggio della manodopera per la Germania) e furono inviati in ambienti di lavoro comunque infernali ma non regolati dalle norme di un campo di sterminio, i secondi furono gestiti dalle SS e mandati a Mauthausen. Gli operai della Pirelli furono arrestati tutti assieme nell'ambito di un’azione condotta dai tedeschi per reprimere con la forza uno sciopero in atto. Il 23 novembre 1944, infatti, le maestranze degli stabilimenti della Bicocca e di Milano si astennero dal lavoro fermando le macchine verso le 10 del mattino. Già poco dopo le 11 SS irruppero nella fabbrica della Bicocca, procedendo all’arresto casuale di 181 dipendenti, di cui 16 furono rilasciati in seguito. Dopo averli concentrati e fatti schierare contro un muro, li caricarono sugli autocarri e nel pomeriggio li portarono a San Vittore. A nulla valsero gli sforzi profusi dalla direzione e da Alberto Pirelli in persona per far liberare gli ostaggi, anzi, egli stesso fu accusato dai nazisti di connivenza con gli operai e di tollerare l’attività di comunisti e socialisti all'interno della sua fabbrica.
Il folto gruppo dei lavoratori della Pirelli e puntualmente registrato per l’immatricolazione il giorno 23 novembre nel “raggio” tedesco. Sul libro per ciascun nominativo è specificato il reato: “Scioperante”. Gli uomini vennero rinchiusi in celle senza brande, con solo la paglia e il bugliolo, avevano indosso ancora la divisa grigio-chiara della Pirelli e con quella arrivarono Germania. Sempre lo stesso documento annuncia per il giorno 26 novembre il passaggio di consegna al Gba ((Direzione generale per l'ingaggio della manodopera per la Germania) effettuato dalle SS. A questo punto è un altro libro d’iscrizione dei detenuti a prendere in carico di operai, quello del “raggio” italiano che segnala lo stesso 26 novembre la nuova immatricolazione di detenuti “provenienti dal 6° raggio tedesco”, attribuendoli poi al “servizio lavoro” ed annotando l’uscita il 28 novembre per l’invio in Germania.
A partire la sera di quel giorno dallo Scalo Farini, dopo ore trascorse nei vagoni piombati fermi sui binari, furono effettivamente in 156; il treno fu costretto a fermarsi nel bresciano, a Rezzato, a causa dei bombardamenti; prima di questa sosta, tre o quattro operai erano riusciti a fuggire. Per qualche giorno i deportati furono riuniti in una fattoria sorvegliati a vista dalle guardie e poi fatti ripartire in camion verso Trento. In questa città fu ricomposto un convoglio che trasportò il carico umano nella frazione di Reichenau, sobborgo di Innsbruck, dove il nucleo venne suddiviso nelle varie destinazioni per essere usato come forza lavoro a basso costo per l'economia bellica del Reich.
Uno dei gruppi più numerosi fu spedito a Kahla, cittadina della Turingia orientale. Questo luogo fu considerato idoneo per escavazione di gallerie al fine d’nstallare sotto terra gli impianti per la produzione dell’aereo a reazione Me262, sottraendoli ai quotidiani bombardamenti alleati. Il programma REI.MA.H.G. (REIchs MArshall Hermann Goring) fagocitò migliaia di lavoratori-schiavi di tutte le nazionalità che, sottonutriti e maltrattati, lavoravamo con turni di dodici ore per arrivare al massimo risultato ottenuto prima del crollo della Germania: 75 tunnel per un totale di 32 chilometri di scavo. Vennero prodotti negli impianti non più di 40 Me262 che potevamo partire direttamente dalla pista preparata sulla collina di Kahla, alla quale l'aereo arrivava su una ferrovia a cremagliera.
Migliaia di esseri umani morirono per l'esecuzione di questo pazzesco progetto dalle enormi difficoltà tecniche.
Gli operai residenti in Brianza presi dai tedeschi nella retata alla Pirelli del 23 novembre 1944 furono ben 41, un numero considerevole sul totale degli arrestati; due non ritornarono.

Maggioni Luigi – nato il 28 marzo 1927 a Bernareggio, residente in via Caglio Viganò. Apprendista metallurgico. Matricola di S. Vittore 484. Dal 22 febbraio al 17 marzo 1945 degente all’ospedale St. Joseph di Leverkusen Wiesdorf. Dal 21 aprile al 5 maggio 1945 all’Heil und Pflegeanstalt a Galkhausen, vicino a Langerfeld.

Motta Angelo – nato il 19 agosto 1907 a Bernareggio, residente in via Garibaldi, 1. Celibe. Muratore. Matricola a S. Vittore 435.

Colombo Angelo – nato il 20 ottobre 1926 a Ronco Briantino, residente in via IV Novembre, 9. Muratore. Matricola a S. Vittore 432. Deceduto.

Crippa Ambrogio – nato il 22 giugno 1903 a Sulbiate, residente a Ronco Briantino in via IV Novembre, 9. Coniugato con Ravasi Maria. Operaio. Assunto alla Pirelli l’11 gennaio 1943. Matricola a S. Vittore 431.

I trasferimenti nel Reich dall’autunno del 1944 alla fine della guerra (pag. 453)

Colombo Franco – nato il 11 settembre 1921 a Bernareggio, residente in via Provinciale, 6. Celibe. Partenza: 22 ottobre 1944. Destinazione: luwtvai – Hallen.

In evidenza sulla scheda di partenza: “Rastrellato dalle Brigate Nere di Bernareggio”.

Calzolari Giovanni – nato il 29 aprile 1892 a mantova, residente a Bernareggio in via Garibaldi, 4. Vedovo. Meccanico. Partenza: 6 novembre 1944 (Sesto S. Giovanni). Destinazione: Dresden. Auto Union.